Pioveva tantissimo quel giorno, Patrizia lo ricorda ancora.
Ricorda il sorriso di Monica, lo sguardo stupito che aveva nel veder cadere giù le gocce sul parabrezza, come se in ventisette anni non avesse mai visto niente del genere.
Ricorda ancora, seduta accanto ad un letto d'ospedale, delle mille confidenze reciproche, degli anni trascorsi insieme, delle promesse, del "non ci lasceremo mai", del "ti amerò per sempre".
Monica aveva partorito una bellissima bambina ma da allora non l'aveva ancora abbracciata, né guardata. Erano passati i giorni e lei era in coma.
I dottori dissero che non era grave, che a volte può succedere che l'anestesia tenga una paziente addormentata per tanto tempo. I dottori, adesso, non sanno più cosa dire.
Patrizia passava le ore a fare la spola fra il letto di Monica e il vetro che la separava dalla culla di Cecilia. Più tardi sarebbero passati anche i "nonni", troppo indaffarati per poter gioire della nascita di una nipotina.
Marco era scappato di casa sette mesi prima con Claudia.
Marco era l'immaturo marito di Monica mentre Claudia, la sua bellissima e giovane sorella.
"Mi aveva detto che mi avrebbe amata per sempre, quel giorno che mi portò all'altare. Me lo aveva giurato guardandomi negli occhi. Guardami ora, Patrizia: i miei genitori non hanno mai avuto tempo di volermi bene e mia sorella ha deciso che mio marito era più adatto a lei. Così come tutti i giocattoli, tutti i vestiti, tutti i ragazzi: lei merita il meglio, ed io non merito mai niente."
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