Alessandra, all'epoca in cui vi racconto questo aneddoto, aveva 19 anni, un pensiero fisso per la testa ed una risata diabolica.
Alessandra adesso ha 23 anni.
Il pensiero fisso è diventato un rimorso, o un rimpianto, non lo sa ancora in realtà.
La sua risata si è dissolta nel tempo, perdendo d'intensità il suono.
Aveva un cuore enorme, Alessandra: anche quello disciolto nell'acido.
Aveva degli ideali, lei, povera piccola adolescente che credeva di poter rigirare il mondo come un calzino, al fine di trovarne una parte pura, pulita.
Allo stato attuale delle cose, della piccola Alessandra non vi sono tracce, sebbene i cantastorie narrino, in giro per i paesi, di aver udito l'eco straziante della sua torva risata.
Pare sia scappata via per inseguire strani ideali, in dimensioni parallele: dimensioni che non esistevano già più, quando compì l'insano gesto.
La nostra supposizione non ha fondamento, è vero, ma non dispone neppure di tangibili prove che la confutano, però.
Era un giorno un po' strano, ricordo.
Era un giorno perso nel tempo, tanti anni or sono.
Ricordo un po' male, in realtà, quel giorno un po' strano perso nel tempo.
C'era un lungo tavolo, mi sembra, al centro di una stanza gigantesca, quasi vuota, ove ci saranno stati al più due quadri appesi alle pareti, raffiguranti paesaggi primaverili, così demodé.
Alessandra era posta in piedi ad un capo del tavolo e stringeva le mani in due pugni di ferro che avrebbero potuto, se solo avessero voluto, spaccare il tavolo in due parti, longitudinalmente.
All'altro capo, impassibile, freddo, sedeva il padre, il cui nome non è importante ai fini della storia.
Alessandra urlava e con i pugni poggiati sul legno del tavolo, conficcava le sue unghie, lunghe e nere, nella carne viva dei palmi.
Non perdeva sangue, sangue non ne aveva.
Non può avere sangue, un essere così spregevole, un essere senza cuore.
Pompava veleno, il suo cervello, inibito dall'alcool.
Alessandra urlava, frasi sconnesse e piene di rancore. Frasi senza un tempo e senza un luogo. Frasi senza un soggetto.
Il padre sedeva di fronte a lei, all'altro capo del lungo tavolo, e la guardava sbraitare, con le braccia conserte.
Le ricordava sua moglie, prima che scappasse con quello stronzo del suo vicino di banco, ai tempi delle elementari.
Gran brutta troia.
Gran figlio di puttana.
Avrebbe voluto abbracciarla, la sua piccola implicazione di carne e veleno, ma la sua pigrizia glielo impediva.
Era un gran brutto coglione che aveva cercato per diciannove anni di tenere a sé una gran brutta troia per poi farsela fottere da un gran figlio di puttana.
Alessandra voleva solo farsi ascoltare e capire dall'unico uomo che avesse mai amato, e che non l'aveva mai amata abbastanza.
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