Quando ho terminato la lettura di "Io e te" di Ammaniti, avevo una grandissima voglia di tirare il libro con il vetro del treno e piangere. Probabilmente i miei cinque vicini di scompartimento in treno non sarebbero stati della stessa idea, ma cristo!, come si può non farlo?!
Ho faticato tantissimo nel reprimere le lacrime, la furia e la voglia di urlare: "MA VAFFANCULO".
E' il secondo libro che finisco che mi lascia proprio l'amaro in bocca. Quel sapore di schifo, che ti fa arricciare il naso e contorcere la bocca. Quel sapore di merda che ti fa anche aggrottare le sopracciglia. L'altro era "Un Amore" di Buzzati. Quanto disagio.
Ringrazio sentitamente chi me li ha regalati e approfitto di questo intermezzo per segnalargli che "Io e te" me lo ha regalato senza una dedica. Mi piacerebbe che si ponesse rimedio a questo bianco discinto.
Dopo aver finito il libro e lottato contro le tenebre, ho mangiato tutte le unghie, grattato ogni crosta che avevo in viso e quelle che non avevo, me le sono create da sola per tirare via anche quelle.
Poi mi sono calmata e ho capito all'istante perché avevo una voglia immensa di piangere.
Ci sono cose che accadono nella nostra vita a cui, lì per lì, magari diamo poca importanza. Cose che successivamente, invece, si rivelano essere dei punti di svolta nel modo di fare, pensare, percepire.
Sono sempre stata una persona troppo cinica per poter davvero dare all'amore l'importanza che forse merita. Ho sempre sostenuto che un rapporto di coppia è la cosa più inutile in cui si possa investire. Le persone sono merda, le persone ci feriscono, ci usano, ci svuotano, ci tradiscono e poi se ne vanno.
Credo di essere cambiata. La mia sorte non è molto diversa da quella che è sempre stata, non ho avuto migliore fortuna: la gente mi ha ferito e mi ferisce tuttora, ma ho deciso di voler provare ad investire tutto anche in questo campo.
Mi sono accorta di aver modificato la mia opinione al riguardo, nel momento in cui ho capito perché così tante fortissime e tristissime emozioni mi avessero assalito al termine della lettura.
Mi sono ricordata di quella volta, su quella panchina.
Credo che come poche cose, quella scena la ricorderò per sempre.
Siamo rimasti a parlare, io e te, fino all'alba. L'abbiamo vista fare capolino lontano sulla riva del fiume. Abbiamo parlato per ore e ore e ore. In realtà, più che altro, ho parlato io.
Ho parlato con te, che all'epoca eri solo un estraneo, con un talento a dir poco sbalorditivo nel giocare a campo minato, che mi aveva offerto un gin lemon nel modo più cortese e inaspettato che si possa immaginare, che mi aveva intrigato con il suo fare misterioso e sicuro.
Ho parlato con te di tutto quello che all'epoca ero, pensavo, provavo. Ti ho raccontato le mie più segrete paure, i miei più grandi desideri, le mie più remote ambizioni. Mi sono spogliata, accanto a te in quel gelido dicembre, di tutto quello che non mi serviva più, di tutto quello che non ho mai voluto o potuto condividere con nessuno, perché forse nessuno si era mai dimostrato abbastanza valido da aiutarmi.
Ho parlato di me per tantissimo tempo mentre lì accanto mi ascoltavi paziente, guardando avanti.
Ecco, quello è stato uno dei momenti più belli della mia vita.
Dopo una serie di inutili relazioni con compagni più o meno improbabili, sono riuscita a sentirmi "a casa" con un totale estraneo. Parlavo come se tu non ci fossi, come se mi stessi ricordando le cose e in mente mia le snocciolassi.
Mi sono sentita voluta, e non sempre rifiutata da gente che non ha voglia, non ha tempo di aiutarmi ma pretende il mio, di aiuto.
Mi sono sentita accettata, come se finalmente avessi trovato qualcuno a cui importasse di me. Qualcuno che non ambisse solo al mio corpo, qualcuno interessato a quello che ha sempre nascosto la mia intricata persona. Mi sono sentita in pace con il mondo, serena.
Mi sono sentita per una volta nella mia vita importante per qualcuno. Importante davvero, non importante del tipo "sì, ti amo, sei la vita mia" e poi ti sputo in un occhio quando ho a che fare con te. Mi sono sentita come se finalmente qualcosa che ho da sempre immensamente voluto reprimere dentro di me, avesse trovato una naturale collocazione: io e te, e si fosse estrinsecata in tutta la sua potenza.
Da allora ti amo ogni giorno di più, anche se le cose vanno ogni giorno peggiorando.
Sono convinta di aver trovato la mia collocazione nell'universo ed è accanto a te.
Quando non ci sei, nemmeno pranzare ha più significato, come se vivere o morire non fossero poi concetti così differenti. Quando non ci sei è come se di colpo fosse tutto come un anno fa, con un tempo uggioso e un cielo che non risparmia e ti avvolge con un grigio che ti entra nella ossa e le fa marcire.
Non ha più senso niente, senza di te. Nemmeno alzarsi al mattino.
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