domenica, giugno 17, 2012

Vi siete mai chiesti perché volete sposarvi? (pt. 3)

Al vecchio campano non trovai nessuno: mi girai e rigirai, ma niente.
Mi mossi di qualche passo, lì intorno, fra le viuzze del centro, guardando dietro ogni muro, in ogni finestra là in alto. Niente.
Decisi di aspettare: bofonchiando un "sarà in ritardo, come tutte le donne", mi sedetti e voltai le spalle alla storia.

Knock. "Ahi!", mossi il capo di scatto e mi ritrovai sui pantaloni un nocciolo di ciliegia, caduto dall'alto.
Beh, se Dio si è messo a sputarmi in testa noccioli di ciliegia, siamo alla frutta!
Un altro. Un altro ancora. Mah. Mi grattai la fronte, allibito.
La mia faccia assunse un'espressione sempre più perplessa.
Beatrice faceva capolino dietro il muro e di lei s'intravedeva solo la testolina riccia e bionda, sorrideva, in uno dei pochi momenti della nostra vita insieme in cui l'ho vista sorridere, una delle pochissime volte in cui, in tutti quegli anni, io l'ho mai vista felice, serena, ed era bellissima.


Da allora ne è passato, di tempo. Come ho detto all'inizio, "non ho granchè voglia di raccontarvi la mia storia", per cui adesso procederò ad altissima velocità.

SPEEDx900
Mollai Clarissa con poche parole: "Non ti amo più Chicca, mi spiace". Mi arrivò una grossa sberla.
Mi fidanzai con Bea. Mi tradì ripetutamente con quello, forse anche con altri. La tradì ripetutamente per vendetta, imbottendomi di viagra: le altre donne non mi piacevano per niente, ma qualcosa dovevo pur fare!
SPEEDx1

Il nostro fidanzamento durò tre anni, fra mille alti e un milione di bassi, forse non della stessa intensità.
Cornuto sì, coglione no: per farmi tradire tre anni, avrò avuto dei motivi!, magari non ottimi, magari opinabili, ma erano pur sempre dei cazzo di motivi!
Va bene, non ne avevo nessuno.
L'unica ragione che potevo addurre era che l'amavo alla follia, quella piccola, lurida, stronza, ma spesso l'amore non basta, soprattutto se unilaterale.
Non scopavamo neanche più: si stancava troppo, nel farsi sbattere dagli altri; con la testa contro il muro, l'avrei sbattuta io!

Un giorno decisi che non ne potevo più. Intriso di bile e con il sangue azzurro, le telefonai a lavoro, e lei odiava tantissimo quando le telefonavo a lavoro.
"Pronto?"
"Oh, Bea, senti, dobbiamo parlare."
"Ugo? Che palle! Ma cosa vuoi? Non devi chiamarmi a lavoro! Quante volte te l'ho detto?!"
"Non abbastanza evidentemente. Senti Bea, non mi importa niente di quello che stai facendo, dobbiamo parlare, adesso."
"Ma ti sei bevuto il cervello?! Ora non posso assolutamente. Sto lavorando!"
"Fra trenta minuti sono da te. Regolati!"
Riattaccai e uscii.

Vi risparmio la descrizione sulla folle corsa per raggiungere il suo ufficio: avvocato di stocazzo, era lei, presso uno studio di avvocati di staminchia.
Probabilmente anche il suo capo se la sbatteva: lui contro la scrivania, però!
Entrai nel suo studio con gli occhi di un folle, grondando sudore, bile e azzurro.
"Ma che cazzo ti prende?", esordì la bionda.
"Bea, sono arrivato al capolinea. Con te è un continuo arrampicarsi e precipitare! Non so se mi ami. Non so quanto mi ami. Non lo capisco!
Ho una dannata paura di perderti, a causa della tua costante freddezza nei miei riguardi. Non ridi mai, non sorridi mai. Non facciamo più l'amore!..."

Bea mi guardava sdubbiata, con un labbro arricciato e un sopracciglio inarcato.

"Il tuo amore, Bea. Il tuo amore: io non lo riesco a decifrare! Il tuo essere perennemente ostile... non riesco a darmi per vinto. Ho paura di perderti, Bea: sei ogni giorno più lontana, irraggiungibile. Vorrei fidarmi di te, come una volta. Vorrei poter credere alle tue promesse. Vorrei poter avere dimostrazione del tuo amore. Una prova, una soltanto."
"Averla, Ugo, ti cambierebbe davvero l'esistenza? Se io un giorno smettessi di essere come sono, per un solo giorno, tu, Ugo, ti fideresti di nuovo di me?"
"Bea, non ce la faccio più. Ho bisogno di te, nella mia vita. Non riesco più a vivere con questa angoscia, che come una morsa mi stritola il cuore, spurgando sangue e veleno. Voglio che tu sia mia, per sempre, Bea. Vuoi sposarmi?"

Bea rispose di sì.
Tornammo a casa nostra e facemmo l'amore, tutto il giorno, fino a notte fonda.
La mattina dopo mi svegliai e lei non giaceva più a letto con me.
M'alzai di colpo ritto in piedi e vidi le ante degli armadi e dei mobili, i cassetti: era tutto spalancato.
Bea se n'era andata, portando con sé le sue cose e il mio amore.
Mi lasciò solo un biglietto e un grosso, grosso carico di amarezza e disperazione.

"Sono un'artista. O la tua tela, e tu l'artista. Sono un'opera d'arte. Sono la tua creazione, artista, che prende forma, ma senza il tuo controllo."

3 commenti:

  1. Questa era l'ultima parte del racconto breve.
    Si ringrazia Sebastiano ed il post sul suo blog: http://erettangolo.blogspot.it/2012/02/tesoro-sono-casa.html

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  2. quel post ci ha cambiato la....
    sto cazzo ci ha cambiato! perché non ti va bene?

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    1. Mitico miticissimo SEBBBAAAAA! (Con tre B e cinque A, perché con Seba è sempre meglio abbondare) :D

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