lunedì, settembre 29, 2014

La birra degli intenditori

Vorrei amarti mille volte, e mille volte ancora, e ancora.
Vorrei distendermi con te sul tavolo, poi vorrei averti alla finestra affinché tutti possano vedere come siamo belli quando siamo insieme. Il tuo sorriso diventa il mio nei momenti in cui tutto non è più lo stesso, di nuovo; la tua tranquillità raggiunge i miei nervi e li distende mentre affoghiamo in un mare di conti da risolvere per rimettere ogni cosa al suo posto.
Tutto è tornato lì, al posto giusto, dopo aver subaffittato tutte le camere delle nostre case; tutto si trova dove è sempre dovuto stare. Io sono con te, e il mondo ricorda il Mar Morto, placido e fermo, quando ho la testa sulla tua spalla.
Vorrei averti qui, su questo letto, giaciglio di notti insonni e pensieri sconnessi, paure e pensieri tristi.
Vorrei scacciar via con un profondo orgasmo quello che solo tu sei in grado di farmi accettare.
Vorrei saltarti al collo quando alzi l'angolo della bocca, baciarti fino a non avere più fiato, fino a non avere più vestiti, fino a non avere più pensieri.
Voglio amarti mille volte, e mille volte ancora, e voglio prendermi tutto il tempo necessario per convincermi che tutto ciò che voglio, posso davvero ottenerlo.


Vorrei amarti sulle note di questa canzone e renderla infinita. Vorrei gemere, tirare indietro la testa e perdere la concezione corporea di me stessa, ritornare da te e guardarti negli occhi con in mente solo "I wanna be yours". Non c'è più posto per le coperte, per la paura di non essere all'altezza e per la paura di non piacerti abbastanza. Non c'è più posto per niente, se non per noi. C'è solo un'infinita serata di sesso, per persone come noi che non annacquano le birre.

Il mio letto sembra quello di qualcun'altra

Pisa, e non riesco più a dormire. 

Secrets I have held in my heart
Are harder to hide than I thought
Maybe I just wanna be yours
I wanna be yours, I wanna be yours
Wanna be yours, wanna be yours, wanna be yours.


sabato, settembre 27, 2014

Arriverci, Londra

Londra è una città che dà tanto e proprio per questo ti porta via tanto.
Ho rinunciato a lei due volte, per due ragazzi diversi.
La prima volta è stata per un ragazzo quando ero in quinta superiore. Avevo vinto quindici giorni gratis, viaggio e tutto il resto pagato, perché risultavo vincitrice di non mi ricordo cosa per via del livello del Trinity conseguito nel duemilacinque. Il mio ragazzo non voleva che andassi perché in viaggio con me ci sarebbe stato un altro tipo che ha creato non pochi problemi alla mia fragile adolescenza. Sono stata stupida e pur di non litigare con lui, di non essere lasciata dal ragazzo che amavo, ho rinunciato. La mia professoressa di inglese mi ha odiato fino allo sfinimento, anche se come motivazione avevo portato che era per via dell'imminente esame di stato che non me la sentivo di partire. Londra se n'è ricordata.
La seconda volta è stata per via del mio ex, che come regalo di laurea aveva suggerito ad un altro mio ex con cui sono ancora amica (per fortuna), una data per un viaggio per due persone a Londra in un periodo in cui successivamente si è scoperto che non avrebbe potuto seguirmi. Ero arrabbiata, frustrata, decisi di non partire. Londra se n'è ricordata.
Adesso che ho deciso di riprendermi la mia rivincita, Londra me l'ha fatta pagare ma mi ha regalato una cosa dall'immenso valore. Avevo scritto di un tipo, che mi aveva rubato la ragione e la memoria. Non erano parole tirate a caso. Con lui c'è stato qualcosa che io non ho mai ricordato, forse perché per me è stato troppo traumatico. Qualcosa che ho rimosso dalla memoria letteralmente, come quando ti sbronzi talmente tanto che il giorno dopo non ricordi assolutamente nulla della sera prima. Mi sono ripresa quello che era mia e dopo dieci anni ho deciso di chamarlo per sapere la verità. Adesso che non ho più un grosso pensiero che mi ha sempre tormentato, mi sento padrona della mia vita, completamente.
Ha voluto essere ripagata del favore, ha voluto vendicarsi dei troppi "no" che le ho detto e si è presa una delle cose più care che mi appartenevano. Nonostante stia soffrendo troppo per la perdita, probabilmente fra un po' di tempo riconoscerò che è stato uno scontro ad armi pari, un'intesa cannibale e un reciproco scambio di favori. La Scozia è ancora parte dell'Union Jack, ma né Jack, né il maglione scozzese fanno più parte della mia vita.
Il mio ex sta con un'altra, devo avere quella porco *** di tesi, ho perso l'abbraccio di lana scozzese di mio padre, ho il ciclo, devo studiare per fare due esami entro dicembre. Non esiste momento migliore per cominciare di nuovo tutto da capo, come in quel lontano duemilasei in cui scelsi me a te.
Torno in Italia, purtroppo, ma tornerò da te, mio unico vero amore, ancora, e stavolta non ti abbandonerò più, né ti preferirò a nessun altro. Sarà un dare e avere senza più né morti né feriti.

venerdì, settembre 26, 2014

Bristol - Londra

Bristol, dunque, cosa posso dire su Bristol. Mah, non è un posto in cui ci verrei a vivere, ecco, ma tutto sommato in UK ci sono posti mille volte peggiori di questa città. E' una città abbastanza portuale e si vede. Mezza distrutta dalle bombe, accosta palazzi orribili accanto ad edifici imponenti e decorati. Non è bella ma nemmeno orribile. La vita notturna è abbastanza florida però: ci sono un sacco di diciottenni sbronzi in giro con ragazzette alticce e seminude. Ah, l'università e i vent'anni, che bella cosa. A parte questo, la gente dice continuamente "man" accanto a qualsiasi cosa:
Fuck you, man!
Sorry, man!
Thank you, man!
Cheers, man!
Excuse me, man...
Potete continuare la lista a vostro piacere e avrete sicuramente accostato molto bene la parola "man" in modo Bristolese.
A parte questo, non c'è molto da dire di Bristol. Ah, c'è Carlo Giosio lì, se v'interessa. Ma nient'altro da segnalare.
Adesso sono tornata a Londra e ciò significa solo una cosa: il mio viaggio è finito. Ebbene sì, domani sarà l'ultimo giorno che passerò in terra straniera e ciò conclude questa fantastica avventura. Con questo post, si conclude anche la serie che è stata finora etichettata sotto il tag "Diario di bordo", per cui se stavate leggendo questo blog per sapere se sarei arrivata alla fine ancora viva, potete congedarvi ed è stato un piacere avervi avuti come lettori.



Adoro Trafalgare Square. Mi fa ricordare di quando avevo quattordici anni, di quando insieme abbracciavamo quel leone. Mi ricorda quanto mi piacesse correre, quanto questo fosse importante per me prima che tu distruggessi quello che ora non riesco a ricostruire. Mi ricorda quel giorno al London Dungeons, le lacrime infinite versate sui gradini di un palazzo. Mi ricorda quel musical di cui non ho capito una parola, mano nella mano. Mi ricorda della ragione e della memoria di cui mi hai privato e che a distanza di tempo non riesco a colmare. Ma ti troverò, brutto bastardo.

martedì, settembre 23, 2014

Oxford - the day after

Ieri sera io e l'iraniano siamo usciti a mangiare messicano e bere in un pub; lì ho conosciuto la sua ragazza e non ho potuto non adorarla immensamente! Non era molto carina ed aveva la tipica faccia british con un po' di brufoli, occhi un po' strani e lunghi capelli biondi. Ma la bellezza esteriore non è tutto in una persona e ho capito subito cosa deve averlo colpito di lei: era tremendamente simpatica e sempre sorridente! Trovava favolosi i miei capelli, divertente qualunque cosa dicessi (forse perché era bionda, non so...) e ci siamo fatte delle grassissime risate insieme. Inoltre, non aveva il classico comportamento british ed è probabilmente la cosa che più ho amato di lei: non era distante ma bensì molto "all'italiana" al punto che quando ci siamo salutate mi ha abbracciato così forte che volevo portarmela via. Da lei ho ricevuto il secondo complimento più strano ricevuto durante questa vacanza, dopo le "belle braccia".
Durante il tragitto per arrivare alla fermata dell'autobus, lei stava completamente congelando e si sfregava le mani intorno alle spalle per tenersi al caldo. Non so perché lui non se la sia cagata di striscio ma a me ha fatto troppa tenerezza, così mi sono avvicinata e l'ho abbracciata per scaldarla. Lei è rimasta così colpita da questo gesto che mi si è accoccolata su una spalla dicendo all'iraniano: "she's a better boyfriend than you!". Eh, già. I'm the best boyfriend ever.
Abbiamo parlato dell'assurdità che caratterizza i lavandini in Gran Bretagna e abbiamo constatato che tutto ciò non ha alcun senso. E' perchè vogliono solo essere inutilmente freak. I lavandini hanno due rubinetti diversi, uno per l'acqua calda che vi giuro è impossibile da usare perchè credo la sua temperatura si aggiri intorno ai sessanta gradi centigradi, e uno per l'acqua fredda che invece tira fuori acqua tiepida. Inglesi. Lei ha provato a giustificarne il senso, asserendo che riempiono il lavandino con l'acqua alla temperatura voluta e lo tappano, si lavano le mani con il sapone e le sciacquano lì dentro. Poi, dato che in quell'acqua c'è giustamente il sapone, svuotano il rubinetto e lo riempiono di nuovo per sciaquarsi le mani. Questa cosa è possibile farla anche con un rubinetto unico che miscela l'acqua alla temperatura voluta, per cui abbiamo concordato che tutto ciò non ha alcun senso di esistere. Alcuni bagni hanno la vasca da bagno fatta in modo analogo, con solo due rubinetti senza il tubo della doccia. Questo ti costringe a lavarti come nel milleottocento, prendendo una pentola, miscelando l'acqua e tirandotela addosso nemmeno fossi in un fiume a fare la ninfa. Inglesi.
Ieri notte ho dormito su un divano, non è stato il massimo ed inizio ad accumulare ore di sonno mancanti. Stamattina ho fatto colazione con un uovo e una piadina e tutto sommato inizio ad abituarmi, anche se una volta raggiunto il centro città sono andata a prendermi un bel cappuccino caldo come ormai è consuetudine da quando sono qui.
Non mi ricordo se ho già parlato su un post precedente di quello che sto per scrivere ma lo ripeto perché, nel caso non l'avessi fatto, non si capirebbe il senso di quello che dirò a breve. Se l'ho già scritto, "sorry for any inconvenience".
Ho comprato un libro quando ero a Manchester, un libro del mio autore preferito: Chuck Palhaniuk. Ho comprato "Damned", che è il primo volume di una trilogia, per provare l'ebbrezza di leggere qualcosa di suo in lingua originale. Oltre a questo, il motivo principale è che volevo portare con me qualcosa di vero, qualcosa di tangibile, qualcosa di profondo che andasse oltre il ricordo sfocato sepolto nella memoria, di questa fantastica esperienza e fare in modo che restasse impressa nella cosa che amo di più al mondo dopo la musica. Ho chiesto a tutte le persone che incontravo durante questo viaggio di scrivere qualcosa su una delle prime pagine bianche del libro, un pensiero, un'impressione, qualunque cosa volevano, affinché io portassi sempre con me l'indelebile ricordo dell'internazionalità di questo viaggio, dell'affetto e della stima dimostratami, delle risate e delle chiacchiere, del loro modo di vedere le cose e di viverle. Le ragazze si sono all'inizio mostrate un po' schive, mentre i ragazzi, sia l'americano che l'iraniano, si sono dimostrati entusiasti dell'idea. L'iraniano ne è rimasto talmente colpito che ha deciso di copiarmi l'idea e non potete davvero immaginare che persona supermega figa mi sono sentita in quel momento! Ha preso un suo libro, sulla storia e il popolo iraniano cui lui è profondamente legato, e mi ha chiesto di fare lo stesso, scrivergli una dedica, dicendomi che è il libro giusto su cui iniziare a fare la stessa cosa. E' stato un momento bellissimo, mi sono sentita promotrice di un gesto che unisce davvero le persone, fiera di aver avuto un'idea così originale e brillante al punto che qualcun altro ha deciso di fare lo stesso per sé. Mi sono sentita davvero bene e ricorderò per sempre quel momento. E' stato un peccato che io non sia riuscita a farmi scrivere qualcosa dalla sua ragazza, perché avevo il libro a casa e lei l'abbiamo incontrata al pub, ma le ho ripetutamente chiesto di venirmi a trovare in Italia e poteva, a seconda del periodo dell'anno, addirittura scegliere fra due diverse località da visitare: dove studio e da dove provengo. Farò in modo che anche lei firmi il mio libro perché vale davvero la pena avere una sua impronta nella mia vita.
I miei post sono passati dall'essere minuscoli all'essere dei romanzi: si vede che ho davvero tanto da raccontare in questo momento!
Un'altra cosa che volevo dire è che Giorgio Mossa ha ragione quando dice che la mia temperatura corporea non segue alcuna logica.
Il caso più eclatante è accaduto stamattina. Ero alla fermata dell'autobus ed erano circa le otto e trenta; ero ovviamente sempre in t-shit, zaino in spalla e sciarpa al collo. Accanto a me c'era una ragazza dai tratti asiatici con cui ho scambiato un corrisposto sguardo di stupore e perplessità. Lei aveva indosso una giacca stile piumino, bella imbottita, sciarpa e guanti. Mi sono effettivamente chiesta chi delle due avesse dei seri problemi. Ieri sera, quando ho abbracciato la ragazza dell'iraniano è avvenuto più o meno lo stesso episodio: io e lei eravamo praticamente vestite allo stesso modo, ossia con una maglietta a maniche lunghe, solo che lei stava letteralmente tremando dal freddo mentre io ero la persona più in pace con se stessa al mondo. Non so esattamente cosa succede al mio corpo in questo posto, ma sembra che io senta raramente freddo quando fuori effettivamente ci sono nove gradi. Inoltre, non ho mai preso il raffreddore, non mi fa male la gola e non mi cola il naso. Home sweet home.
La fine della serata si è conclusa con un dibattito a cui vorrei che partecipaste attivamente anche voi, scrivendo nei commenti; se non riuscite a scrivere sul blog, potete commentare sulla pagina facebook; se no, sticazzi.
Io asserivo che quando sento particolarmente freddo, pensare a qualcosa di ancora più freddo, come la neve o un gelato, mi fa sentire meglio; è come se questo distogliesse il mio pensiero da un freddo reale che appuro sulla mia pelle riportandolo ad un freddo che posso solo immaginare e che resta fine a se stesso. Quando smetto di focalizzarmi sulla sensazione di freddo o di dolore, è come se questa sparisse o si attenuasse, almeno.
La loro risposta è stata che io sono completamente matta, il che è probabilmente vero. Pensare a qualcosa di ancora più freddo, li fa sentire come congelati. Nemmeno pensare a qualcosa di caldo funziona, ma hanno detto che sicuramente non funziona in alcun modo pensare a qualcosa di ancora più freddo.
And what about you?
Mi sto dirigendo a Bristol, scriverò domani. Cheers.

lunedì, settembre 22, 2014

Oxford

Oggi per la prima volta ho indossato il supermega maglione di pile arancione.
Stanotte non ho dormito un cazzo, sono andata a letto tardi rispetto ai miei standard inglesi e mi sono svegliata molto molto presto (no, alle otto non è presto, alle otto ho già fatto colazione da un pezzo e sono pure quasi alla fermata dell'autobus). Ma stanotte è stato diverso. Sono andata a letto all'una passata e mi sono rigirata mille volte, un po' perché avevo le gambe che non ne potevano più della vita, un po' perché iniziano a sovraffollarsi troppi pensieri.
In realtà non sono pensieri negativi, come grattacapi o cose da risolvere, stranamente. Sto però rimettendo in gioco tutto quello che ho, tutto quello che sono e tutto quello che voglio. Penso a quale parte di me voglio ancora cambiare e penso a quale parte di me vorrei immensamente tenere. Valuto le città che visito e cerco di capire qual è quella che più mi si addice. Realizzo che forse il sogno di un'adolescente di fuggire via dalla casa natale per vivere catapultata in una realtà che non lascia feriti ma solo vittime, soppiantato dal più recente desiderio di vivere in un posto tranquillo per avere una vita altrettanto tranquilla, andrebbe attualmente rivalutato. E' una decisione che devo prendere da qui ad un anno e farò come ho sempre fatto da quando ho diciott'anni: smetto di progettare e deciderò quando sarà il momento, valutando i pro e i contro, le opportunità e le conseguenze, con la viva speranza che ci sia qualcuno abbastanza appassionato con cui poter condividere la causticità che si prova nel camminare lungo una grossa strada piena di "gente".
Ho un mal di testa allucinante. Io non ho mai mal di testa ed è per questo motivo che vorrei ripetutamente sbattere la testa contro il vetro.
Attendo la risposta di un professore per poter fare la tesi all'estero su una branca dell'informatica che, oltre a piacermi abbastanza, fa guadagnare attualmente un sacco di soldi. Quando ho dovuto scegliere su cosa orientarmi, dopo aver scartato tutto quello che davvero non mi interessa nel modo più assoluto, mi sono trovata di fronte a tre possibili scelte: la prima è stata facile scartarla perché il professore non aveva abbastanza tempo da accollarsi un tesista e lui è l'unico che si occupa di quella roba a Pisa; la seconda l'ho scartata per dei meri motivi pratici che sono pochi soldi e poche occasioni di lavorare in quell'ambito fuori dal mondo universitario. Detto ciò, non avendo nessun'altra scelta, mi sono rivolta a quel professore di cui vi parlavo che ha la mail come un pozzo nero, mettendo come destinatario della mail anche un suo assistente di cui ho profonda stima. Beh, mi hanno risposto dicendo che discuteranno della mia richiesta di tesi, sia per farla all'estero sia per restare in Italia, nel caso non fosse possibile o non ci fossero occasioni di potermene andare affanculo. Nel frattempo, giusto per intrattenermi durante l'attesa, mi hanno inviato un possibile bando in cui però la sede è la Germania. Non muoio dalla voglia di andare in Germania, ci sono stata e i tedeschi sono davvero troppo freddi per me, oltre a non voler parlare inglese in città. Chiaramente dipende tutto da dove si va, ma sappiamo tutti che la sede in cui mi vogliono sbattere non è Berlino, quindi prendiamoci poco per il culo.
Il viaggio per Oxford sarà un po' lungo perché questo autobus si ferma in città decisamente troppe volte, così ho deciso di impiegarne una parte scrivendo, non sapendo quanto tempo avrei avuto stasera per farlo. Oggi starò in giro per la città con un ragazzo Iraniano e sarò sua ospite per stanotte. All'inizio ero un po' timorosa, non tanto per la sua nazionalità, tanto quanto perché vado a casa di uno sconosciuto che non è una ragazza. Poi sono entrata in modalità "masticazzi, se mi deve succedere qualcosa mi succederà comunque, visto che c'è gente che muore non facendo niente e altra che anche se la va a cercare ed è ancora qui con noi".
Sono ad Oxford, yeah! Sono stanca morta, sono come le mie gambe in questo momento.
Ho incontrato il ragazzo iraniano che mi ospita. Wow. E' bello, alto, divertente, gentile e per nulla distante, come tutto sommato sono state un po' le altre due ragazze. Non c'è nulla da fare, gli uomini sono un'altra cosa. Ha un solo problema: ha una ragazza, ma mi hanno detto che è un problema risolvibile! E' stata una favolosa sorpresa, abbiamo parlato di tutto, dalla religione alla sua barba.
Mi ha portato in giro per Oxford che è completamente diversa da Cambridge.
Cambridge ha una piccolissima zona centrale in cui fondamentalmente ci sono i college in giro, separati da strade molto piccole piene di negozi. Al di fuori di questo, si estende la zona commerciale e la zona residenziale. Oxford sembra all'apparenza più grande: le strade sono più ampie, i college sono ben mescolati con palazzi storici e musei (che sono chiusi di lunedì...) e questo dà un po' di respiro al centro cittadino. Sono effettivamente molto diverse, Oxford è un po' come Pisa, Cambridge è un minuscolo gioiello. I college a Cambridge sembrano castelli, ad Oxford sembrano chiese: qui hanno tutti le guglie, le finestre con i vetri decorati e spesso sono decorazioni sacre. Ad Oxford c'è la prima "coffee house" d'Inghilterra, nata nel 1650, e il primo college, se non ricordo male. E qui puoi davvero fare il biglietto che dura ventiquattr'ore!
Stasera andremo al pub e domani partirò per Bristol, dove starò due giorni.
Ah, l'english breakfast alle sette e mezza del mattino, con bacon, uova, pomodori e toast, ti permette di arrivare tranquillamente fino alle quattro del pomeriggio come se niente fosse. Enjoy english habits!


Cambridge

Sono una persona fortunata, lo ammetto. Oggi ho assistito ad una cosa che in vita mia non mi era mai successa e alla fine dell'accaduto, ho inspirato così forte che quando ho realizzato che era tutto ok, mi sono sentita protetta, come se ci fosse qualcuno lassù, quaggiù, da qualche parte, che tirando i dadi della mia vita dimostra sempre di avere un culo clamoroso.
Stamattina, mostruosamente in ritardo perché la polacca aveva deciso di sfamarmi con uova, toast, peperoni e cetrioli, ci siamo recate alla fermata dell'autobus vicino casa sua per raggiungere il centro città e abbiamo preso il bus veramente al volo. Lei ha riso tantissimo perché ha trovato davvero divertente la scena di me che corro in modo palesemente maldestro, piccola e con uno zaino che si vede lontano un chilometro. Preso l'autobus, ho mostrato al conducente il mio biglietto giornaliero fatto il pomeriggio prima, perché vale ventiquattr'ore dal momento d'acquisto, e mi sono seduta accanto alla polacca. Salgono i controllori, cerco il biglietto e glielo mostro. Iniziano a fare storie, il biglietto è giornaliero ed io l'ho fatto il giorno prima, non vale ventiquattr'ore come la polacca credeva e lei inizia giustificandosi che gliel'aveva detto un conducente dell'autobus e il controllore con tono arrogante e forse un po' discriminatorio, ha inveito dicendo che l'autista guida e basta e che quindi quello che lui le ha detto non ha alcun valore. Ci ritroviamo alla pensilina della fermata dell'autobus io, lei e il controllore, e poco più in là altri due controllori e un ragazzo, immagino lì per lo stesso nostro motivo. Mille "sorry" e contro "sorry" dopo da parte nostra e "blablabla sull'economia del paese" suoi, lui vuole prendere le mie generalità per mandarmi la multa a casa in Inghilterra ("ma ho un enorme zaino, non vede che sono qui in vacanza e ho trenta minuti per prendere l'autobus?!?"), non potendo vuole mandarla a casa della polacca che mercoledì parte per la Polonia e non torna più, non potendo... inizia una rissa sotto la pensilina fra il ragazzo e uno dei controllori che era con lui! Dopo averli separati a fatica, il ragazzo si guarda intorno e scappa e il nostro strozzino e il controllore picchiato entrano in un furgone per darsi all'inseguimento. Ci ritroviamo io, la polacca e un altro dei controllori che non so se per pietà o perché non sapeva perché eravamo lì, ci ignora del tutto e noi tranquillamente saliamo sul prossimo autobus per raggiungere il centro affinché io lasci Birmingham.
Ora sono a Cambridge.
A Cambridge tira un vento della madonna e i bambini non possono giocare con la palla. La zona residenziale, ben lontana dai college del centro, è tappezzata di cartelli che ti intimano di non giocare con la palla, sia vicino alle strade che in prossimità delle piccole zone verdi fra gli agglomerati di casette.
A parte questo, i college sono bellissimi: sono grossi quanto castelli e decorati come favolose chiese. Sono chiari e puliti, pieni di bianche finestre e giganteschi portoni. Già, sono davvero una figata assurda. Domani sarò ad Oxford e sono proprio curiosa di sapere com'è rispetto a Cambridge.
Nel frattempo, mi godo lo shampoo fatto, il the con il latte in camera e fantastico sull'english breakfast di domani mattina alle sette e trenta.


sabato, settembre 20, 2014

Birmingham

I concerti mi fanno sempre un po' pensare alla vita, l'universo e tutto quanto.
Ieri sono stata ad un concerto degli Alt-J, sotto consiglio, ma non ne sono rimasta entusiasta come pensavo. Anche se nessuno di voi li conosce, sono un gruppo indie rock elettronico abbastanza famoso. Lo spettacolo poteva essere un po' più coinvolgente, considerando che hanno suonato per solo un'ora, e potevano assumere un tecnico del suono in grado di fare il suo lavoro ma il tecnico delle luci era un cazzo di genio.
Visto che non suonano rock&roll, per cui la gente non poteva fare quello che loro avrebbero dovuto fare, ossia muoversi un attimino, potevano compensare il quantitativo di depressione e pace dei sensi derivata dal suonare questo tipo di musica che io adoro definire come "indie gay", con un attimino di partecipazione in più. Non so se era la stanchezza causata da quattro giorni di viaggio, le poltrone super mega comode stile cinema extra lusso o la musica da lounge bar, ma io ad un certo punto mi stavo addormentando... Magari con la compagnia di qualcuno accanto sulla cui spalla poter poggiare la testa sarebbe stato una figata immensa, peccato ero sola.
Ho avuto modo di pensare ad un sacco di cose, alcune importanti, altre assolutamente futili.
Ho realizzato che forse la mia vita non sarà eccelsa come quella delle persone determinate e con le idee ben chiare su quello che vogliono essere o fare, che io invidio mortalmente, ma non è nemmeno messa così una merda. In giro per il mondo è pieno di gente che prende una laurea per poi non usarla, che non sa assolutamente che vuole fare della propria vita e temporeggia lavorando, magari in un'azienda, sapendo che non sarà in nessun modo definitivo o a lungo termine. Il mondo è pieno di gente che non sa davvero da che parte sbattere la testa, che cerca continuamente qualcosa di nuovo per "restare giovane" e non annoiarsi, che ha come massima aspirazione per passare le serate stare al pub a chiacchierare con gli amici.
Magari non vorrò essere una donna in carriera che attraversa indifferente il centro cittadino in gessato e ventiquattr'ore, ma nemmeno una temporeggiatrice a tempo pieno.
Ho realizzato che anche se il tempo in UK fa schifo, non farà mai più schifo di quello a Pisa. Qui piove spesso, ma talmente poco che le persone non aprono nemmeno l'ombrello; quando vengono giù secchiate d'acqua, non durano più di venti minuti. A Pisa quando inizia a piovere, non puoi uscire di casa e l'unico passatempo residuo è contare i giorni che ti separano dalla stagione delle zanzare. Bella merda.
Ho realizzato che per non farti abbattere dalle cose devi porti in maniera positiva quindi per non farsi deprimere dal tempo qui, anche se intorno vedi gente a maniche lunghe o con la giacca, tu ostenta le tue fantastiche mezze maniche e cammina, perché altrimenti quando calerà l'inverno non basterà niente per scaldarti il corpo e il cuore.
Ho realizzato che stare da soli è bello, ma con la giusta compagnia è meglio. Non so bene come spiegarvelo, ma in questo viaggio i giorni passano in fretta sembrando eterni. Questo è il quinto giorno di viaggio e sono quasi a metà strada; sono passati così in fretta che se dovessi dirvi cosa ho fatto non ve lo so dire. Ci ho messo trenta minuti per percorrere una strada che conoscevo, per raggiungere il centro città da dove dormivo, e ci ho messo altri trenta minuti per percorrerne un'altra in cui ci vogliono esattamente cinque minuti per farlo, perché non sapevo dove stracazzo andare e mi sono persa fra il nord, l'ovest, i negozi, la gente, i cappuccini e tutto il resto. Credo che ci sia una specie di modalità variabile in cui trascorre il tempo. Quando ti senti a casa, tutto si deforma per adagiarsi al normale andamento delle cose, il tempo assume il suo giusto peso; quando non sai assolutamente dove sei e hai poche ore per poter vedere tutto e respirare l'aria della libertà e del caos più totale, il tempo non è mai abbastanza.
Detto questo, sono a Birmingham.
Non c'è molto da dire, Birmingham fa schifo e non c'è niente da vedere. Ho conosciuto una polacca e un americano, cui ho insegnato i gesti tipici napoletani/italiani, e mi sono pisciata addosso dalle risate. Ah, l'americano si sorprendeva del fatto che non avessi mai imbracciato una carabina. Americani. Ah, l'americano è vegetariano. Americani.
Domani sarò a Cambridge, dormirò in college e forse potrò farmi un cazzo di shampoo.


giovedì, settembre 18, 2014

Manchester

Eccomi! Sono ancora viva e tutto ciò è immensamente fico. Lo consiglio a tutti un viaggio del genere: si comprende l'importanza delle persone e si impara a discernere fra le cose essenziali e quelle posticce. Sono davvero contenta di essere partita e vorrei davvero poter non tornare.
Adoro Manchester, che si pronuncia con l'accento sulla prima 'e'; è come una piccola Londra, dove la gente sa che vuol dire camminare - che poi correre non è per forza come dire "gente che lavora di continuo e quindi deve ottimizzare i tempi, perché il tempo è denaro e blablabla", ma è solo come dire "correre, end story". Manchester è una città fondata sull'operosità dei suoi abitanti, cresciuta grazie al loro lavoro e alla loro instancabile voglia di crescere. Grande lavoratrice di cotone ai tempi della rivoluzione industriale, il simbolo di Manchester è un'ape per ovvi motivi. Quindi, non venitemi a dire che a Manchester la gente si può permettere il lusso di camminare perché non fa un tubo dalla mattina alla sera, perché se esiste la regione Great Manchester analogamente alla Great London, un motivo ci sarà.
Ecco, mi sono innamorata. Vorrei venire a vivere qui, dove magari posso avere un'opportunità che la gente diventi persone.
Qui è bello perché il centro città è fatto davvero bene, alterna grandi strade a piccoli vicoli, con palazzi che, sebbene come in Liverpool vanno dal moderno all'antico, stanno bene uno accanto all'altro. Manchester è bella perché ha il fascino di diverse zone di Londra, da quelle con i graffiti al quartiere gay, senza averne la causticità. E' bella perché è viva, è bella perché c'è un sacco di roba da fare e ha il Primark più grande d'Europa escludendo quello a Londra, è bella perché c'è un monumento a Turing (che salutiamo), è bella perché ha un canale nella zona gay che ricorda Amsterdam, è bella perché c'è tutto e anche se sei solo ti fa un po' sentire parte di qualcosa che non conosci ma sai esistere; infine è bella perché posso alzarmi al mattino alle sette e andare a letto alle dieci senza sentirmi un alieno!
A Manchester stasera ho cenato alle cinque di pomeriggio, alle sei sono andata ad ascoltare la presentazione di un libro di fotografia e alle otto e trenta ero a casa. Cosa c'è di meglio al mondo? Linda, la ragazza che mi ospita, è stata immensamente carina: mi ha detto che il mio inglese non è così male, se si considera che non lo parlo da otto anni, e che mi basterebbe un mese per poter riprendere la mano; questo mi ha immensamente rassicurato ed invogliato ancora di più a richiedere la tesi all'estero per venire via.
Vi voglio raccontare una cosa che non c'entra niente ma vogliatemi bene così come sono.
In Inghilterra, tutta, ci sono delle regole tacite e condivise: i ciclisti odiano i pedoni, i pedoni odiano le macchine ma in particolar modo odiano i ciclisti, le macchine odiano i ciclisti, insomma tutti odiano i ciclisti. Qui i semafori servono solo alle macchine e non sono assolutamente "pedestrian friendly". Il verde non scatta mai per te, poveraccio a piedi, e quando scatta perché fanno per sbaglio contatto dei fili, dura dieci secondi per attraversare venti metri di strada. Così i pedoni passano con il rosso, le macchine li insultano ma non li investono, e pare che nessuno qui tenga considerazione dei semafori - anzi forse un pochino le macchine ma alle bici sicuro gliene sbatte il cazzo.
Volevo dire un sacco di altre cose ma in questo momento non mi vengono in mente per cui vi saluto e vado a dormire che sono cotta.
Preparate uno zaino e impacchettate la vostra vita: vi renderete conto che vi serve davvero pochissima roba, il resto è come l'amore: solo un fantastico optional.


mercoledì, settembre 17, 2014

Liverpool

Liverpool è esattamente come tutti dicono: effettivamente fa un po' cagare.
Non so esattamente da dove cominciare però vi dico che ad un certo punto per disperazione ho dovuto cercare l'ostello con due ore d'anticipo.
Dunque, è brutta, sì. E' effettivamente bruttarella. E' praticamente un'accozzaglia di vecchio, nuovo, moderno, antico.
Ci sono dei palazzi storici, antichi, che sono massicci e brutti; sono praticamente tutti neri e non so se dipende dalla pietra che hanno usato per costruirli oppure ci ha stagionato la muffa e il disinteresse cittadino sopra. Ci sono palazzi vecchi, di cui non importa lo stile, che sono effettivamente vecchi, brutti, cadenti, con ringhiere arruginite. Fanno veramente veramente cagare. Accanto a questo lerciume si può trovare uno stile moderno, come la cattedrale cristiana, che è davvero un cazzotto in bocca. In una stradina della zona residenziale, ci sono delle casette nuove e assai carine, ma sono un caso isolato rispetto a tutto il resto.
Insomma, quando si passa da Londra a Liverpool vorresti risalire di corsa sull'autobus per tornare indietro urlando: "mi dispiaceee!!! Ho sbagliato, non volevo!!!"
C'è da dire che una cosa decente Liverpool ce l'ha ed è il fatto che la gente sa cosa vuol dire camminare.
A parte questo, alle 18.30 iniziava già a non esserci nessuno per strada, così quando ho deciso di incamminarmi verso l'ostello ho appurato che ho fatto bene.
Alle 19.30 non c'era praticamente un cane di nessuno in strada, tutti i negozi, i pub, i tipi che ti tirano il cibo addosso, erano chiusi. Ero sola in mezzo al nulla e non vedevo l'ora di arrivare. Google maps voleva farmi attraversare un giardino, a quell'ora, con nessuno intorno. Ma nel senso, stiamo scherzando?
Così, impaurita e stanchissima, ho attraversato una zona residenziale che sembrava pure quasi disabitata.
"Pensa positivo, stai tranquilla, non ti succederà niente", e facendomi forza sono arrivata in questo posto dove ci sono un sacco di uomini come zombie a guardare una partita alla tv. Bei cazzi.
Insomma, il mio inglese fa cagare anche se un tipo mi ha detto che non era così male visto che mi capiva (quando trovavo le parole per esprimermi a parte gli mmm, ehm, uhm). A capire capisco, male ma capisco; a volte devo chiedere di ripetere ma tutto sommato è avanzato per la modalità sopravvivenza.
Stasera mi sono accontentata di mangiare tramezzini e un'altra schifezza con "chicken & bacon slice" che faceva schifo in un modo che non vi racconto. Ringrazio dunque Pisa per avermi insegnato a mangiare anche la merda.
Ho camminato tantissimo, ma talmente tanto che ho perso il conto delle miglia percorse. La maglietta sudata e i piedi puzzolenti sono stati i miei compagni di viaggio per questi due giorni. Tutto sommato credo che tornerò dimagrita e con i reni esplosi.

Ah, ho trovato l'acqua a 0.45£ ma devo scarrozzarmi dietro due litri d'acqua che a fine giornata sono prontamente finiti.
Per ora è tutto, domani sarò a Manchester e ci resterò due giorni. Spero di trovare un po' di tempo per poter scrivere, sono fiduciosa.
Bye!


martedì, settembre 16, 2014

Londra

A Londra non ci sono panchine e non si beve l'acqua. È un posto dove non è possibile fermarsi a riposare a meno che non si voglia spendere dei soldi per scoccare lo sgabello di un locale o non si abbia una bestiola o un fidanzato da portare in qualche parco, comunque troppo lontano da dove si sta esalando l'ultimo respiro.
Mangiare costa troppo, bere costa troppo, anche sedersi costa troppo.
Nessuno si siede sui gradini delle case e la gente cammina e basta, tanto prima o poi casa sua la raggiunge, giustamente.
Io mi sono ritagliata un attimo di pausa dai 10kg che appolipano il mio groppone sedendomi alla fermata dell'autobus mentre mi guardo intorno come se aspettassi l'autobus. Poi ho deciso che non me ne importava un cazzo e ho tirato fuori il tablet per scrivere questo post.
La gente a Londra mangia a tutte le ore, cazzo. Ve lo giuro, mangia all'una, continua alle due, alle tre è a sedere per strafogare un hamburger, alle quattro le ali di pollo, alle cinque mangiano per strada, alle sei decidono che ci sta bene un altro hamburger.
È allucinante, sono sempre a sedere da qualche parte a mangiare oppure corrono per strada.
Perché i londinesi non camminano, non sanno assolutamente cosa significa passeggiare. Londra è una città che ti mangia, ti consuma e ti sputa; è un posto che non lascia spazio alle relazioni; è un posto dove non esistono le persone, esiste solo gente. Loro camminano per strada con le cuffie nelle orecchie, per far passare prima il tragitto che devono percorrere. Londra è l'alienazione e il mio amico ha un cesso assurdo.

Facciamoci riconoscere

"Excuse me, I need to catch this bus", showing the ticket.
"Uhsa okgpkf erinrn wjnwnd ihfienf."
"Uhm?"
"You seem confused... mmm... you're italian?"
"Yeah!"
"Oh, bella!!!"

And so, welcome to London.

lunedì, settembre 15, 2014

Sclero multiplo carpiato

Ansia. Sto morendo immensamente di ansia.

Fra nove ore mi devo incamminare, mesta mesta, verso l'aereoporto.
Ho l'ansia perché non so se mi faranno storie sulle dimensioni del bagaglio a mano, che supera di due centimetri in altezza il massimo consentito dalla compagnia aerea. Mi sono accertata di rientrare nei limiti di peso, di larghezza e profondità, ma l'altezza, eh, l'altezza è quello che mi ha sempre fottuta.
Ho l'ansia perché non so quello che mi aspetta. Ho l'ansia perché al solo pensiero che dovrò aprire la bocca per parlare una lingua che non mi appartiene più, mi cago letteralmente nelle mutande. Ho l'ansia perché rivedrò una persona che non vedo da una vita e che muoio letteralmente dalla voglia di vedere.
E' un'ansia che andrà via una volta che avrò messo piede in terra straniera, lo so; andrà via perché non potrà essere altrimenti, perché il bisogno fa l'uomo ingegnoso, figurati la donna!; andrà via perché dovrò vivere intensamente quei dodici giorni da sola in mezzo a tutto quello che non mi è familiare e arrivare sana e salva fino alla fine; andrà via perché io me ne voglio andare e questa è l'occasione che mi farà capire DOVE CAZZO VOGLIO ANDARE!!!

Ho chiesto la tesi a quel professore di cui a qualcuno ho parlato.
Bene.
Ho ricevuto un no.
Già.
Va beh, mi ha detto che è oberato di lavoro, che fa il prorettore, che c'ha i dottorandi, i cazzi e i mazzi e come dicevo alla Fra, i frizzi e i sollazzi!, e quindi non può seguirmi nemmeno se resto in Italia.
La cosa che più mi fa deprimere/incazzare/demordia (che bell'anagramma!) è che lui è l'unico a Pisa che si occupa del settore in cui io volevo scrivere la tesi.
Adesso ho contattato un altro professore noto per avere un indirizzo mail con la stessa profondità di un pozzo nero: tu gli scrivi e forse, ripeto forse, gli africani dall'altro lato la leggeranno nel duemilamai per poi non risponderti. Ecco, a quest'uomo ho dato l'opportunità di essere il mio relatore e ha tempo entro domenica per farmi capire che forse ce la può fare a cagare le persone.
Se anche lui dovesse deludermi, sono davvero nella merda perché oltre a non avere un relatore che mi mandi all'estero, NON HO UN RELATORE. Non voglio davvero pensare alla possibilità di scegliere un professore e fare la tesi su un argomento di cui non me ne importa uno stracacatissimo cazzo.
Adesso vado a cena, mi ricordo che in fondo io sono una persona fortunata nella sfortuna, torno a casa e mi metto a pensare ad una terza scelta.
E' sempre meglio avere un piano di riserva al piano di riserva.

E poi ci sei tu che mi metti ansia, che ti intrufoli nei miei sogni e li distruggi senza alcun pudore. Tu, che sei la persona più azzeccata nel momento più sbagliato. Tu, che metti addosso un sacco d'ansia. Tu, che priodoco!

domenica, settembre 14, 2014

Ho un dejavu, non voglio laurearmi

La scelta del relatore sarà una gran bella merda.
Se riesco ad andarmene ho vinto, ma la vedo impossibile.
Dannata disorganizzata burocrazia all'italiana, dove anche per andare affanculo devi avere gli agganci giusti!

venerdì, settembre 12, 2014

Stagno

Quando ho preso il saldatore in mano, ho sperato che funzionasse intrinsecamente.
Mentre imprecavo contro lo stagno e bruciavo un dito a mio fratello nel modo più deficiente in cui si possa fare questa cosa, mi concentravo sui fili che mio padre ha definito "speciali" per non dirmi carinamente che sono spastica e pesantemente inabile.
Mi ci sono davvero dedicata, anima e corpo, a quel lavoro; non volevo accettare che una cosa cui tenevo tantissimo andasse a finire nella spazzatura senza aver nemmeno provato a sistemarla. Così, armata di pazienza, voglia di fare e saldatore rovente, ho aggiustato le mie cuffie e in quel momento è come se avessi sistemato un pezzo della nostra storia. Quando non mi sono arresa all'evidenza che non funzionava più il cavo stereo e che il suono arrivava parzialmente ad entrambe le cuffie, ho dimostrato a me stessa che lotto per le cose che amo finché ce la faccio e ho motivo di sperare che possano funzionare.
E' stato come ammettere di non voler abbandonare una parte di te, di noi, che porto sempre con me con la consapevolezza di non rivolerla però più indietro.
E' stato come perdonarti, come sentirsi perdonata, per il male fatto; è stato come se ti avessi dimostrato che mi dispiace per tutti i momenti in cui ho sbagliato sapendo di farlo e per tutti quegli altri in cui ho sbagliato perché ero troppo presuntuosa per poter dire "non fa niente, so che non ricapiterà".
E' stato come sistemare questo periodo di merda, riaggiustando il vaso di cristallo, reincollando i pezzi in modo così minuzioso da far scomparire tutte le crepe.
Saldavo insieme i fili rossi, poi quelli arancioni ed infine quelli blu.
Pensavo che è una delle cose più belle e colorate che mi rimane di te.
Pensavo che dopo aver archiviato tutto di noi in un posto dove non possa più tornare a farmi del male, volevo tenere quello che di più bello ci ha unito: la musica e il colore.
Sono cambiata tanto, voglio cambiare ancora, per molte cose è anche merito tuo.
Tu sei come tutte le persone che ho incontrato nell'ultimo mese, diverso da me e per questo affascinante e stimolante.
In questo periodo particolare in cui osservo, catturo, critico, analizzo tutto, mi rendo conto che non c'è niente di più bello che interessarsi di chi non ci somiglia per niente. In questa vita ci sono davvero un sacco di cose da imparare ed io voglio apprendere la filosofia più intelligente che mi hai voluto trasmettere.

"Non esiste un unico modo di fare le cose, il tuo è solo uno dei molteplici modi esistenti."

Avevi ragione, mi dispiace non averlo capito prima.

mercoledì, settembre 10, 2014

Patrizia

Oggi a lavoro, una mia collega mi ha detto una delle cose più belle che una persona vorrebbe sentirsi dire. Considerando quello che ho fatto, il suo era ovviamente un commento esagerato, ma è stato impagabile ed era tutto quello dicui avevo bisogno.

"Grazie di esistere!"

domenica, settembre 07, 2014

L'essenziale è invisibile agli occhi

La guardava e la mangiava con gli occhi. Voleva riempirla di baci, continuamente. La teneva seduta sulle sue ginocchia: magra, così piccola da sembrare ancora una bambina. Guardavano le stelle sul terrazzo di lei, seduti su una piccola sedia di plastica bianca. Le accarezzava la schiena, si avvicinava con la punta delle dita a sfiorarle un fianco e risalendo poi sulla curva della vita. Era bella, la guardava e pensava che era davvero splendida.
"Sei bellissima, Bi".
"Certo, come no!", rispose sorridendogli e gli baciò la fronte.
Avrebbe voluto davvero che lei gli credesse, avrebbe voluto farla sentire bella, bella come nessun'altra; avrebbe voluto che lei ne fosse consapevole, che se ne convincesse una dannata volta.
Le accarezzava i capelli, ricci ma sempre troppo corti. Lei gli baciava la fronte e chiudeva gli occhi in un attimo che sembrava eterno. La tranquillità era così tangibile che la respirava a pieni polmoni, diventava un peso dentro la pancia e l'ancorava sempre di più a quelle gambe che la sorreggevano; s'imprimeva in quella carne che avrebbe voluto tenere sempre sottomano, in quei muscoli che avrebbe voluto vedere più sicuri, più forti; s'immergeva in quei capelli che sapevano di pace, di voglia di vivere qualcosa che fosse più simile a quello che sentiva ma che non riusciva ad avere; s'insinuava sulle labbra che avrebbe voluto baciare con maggiore trasporto e per più tempo, ma senza pretese e senza fretta, in cui ogni momento era così lento e diluito da far abbassare la pressione e non sentire più le gambe.
Chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro la spalla di lei che gli accarezzava la mano, che con le dita disegnava tante piccole spirali invisibili, come l'immagine sbiadita e inesistente di quella sera.

Parliamo del mio tao

Ci sono cose assolutamente giuste e altre assolutamente sbagliate. A dire la verità, non sono per niente convinta di questa cosa ma se anche fosse così, io non ho mai davvero capito che differenza ci sia. La madre di un mio amico ha detto una cosa molto intelligente, su cui non mi sento di dissentire: "non ci sono persone giuste o sbagliate per la vita di qualcuno, ci sono persone che in quel preciso istante devono essere lì, o devono andare via, perché è ciò di cui in quel momento si ha davvero bisogno."

Ci sono alcune cose che interagendo fra loro non generano altro che attriti, inutili, fastidiosi, dannosi attriti; attriti che ti lasciano una sensazione di bruciore e di fastidio che sai essere solo colpa tua e del tuo non voler "dire le cose perché se no pare brutto".
Ci sono cose che ti aspetti, che vorresti si verificassero non perché ti sono dovute ma perché sarebbe bello se ci fossero. Cose che restano sospese nel giorno, che galleggiano nella notte, come la tranquillità di un abbraccio o la considerazione del sapere che sei lì anche tu, che non sei un fantastico giocattolo. Cose che smorzano l'ansia, che tranquillizzano una persona, che riducono l'ansia da prestazione perché dobbiamo sempre essere ancora più belli, ancora più attivi, ancora più soddisfacenti, ancora più virili, per consentire agli altri di giudicarci sempre e comunque.

Poso le mie scarpe con il tacco otto e mi sento incredibilmente soddisfatta nel ricordare che ci ho camminato tutta la sera, sufficientemente alticcia. Mi sento un po' meno soddisfatta nel ricordare che non importava a nessuno cosa indossassi. Riacquisisco tono pensando che io sono come nessuno, anche a me non importa nulla degli altri, soprattutto in questo momento.

Sarei ipocrita se ti dicessi che tutto quello che ho scritto è vero.
La vita è un po' come questi scritti, tutto sommato va interpretata perché non esiste un'unilaterale verità, un'essenza assoluta, un'imprescindile correttezza nell'analisi degli eventi. Puoi leggere e pensare che parli di te, decidere che quel passaggio preciso ti riguarda e va interpretato esattamente come pensi. Potresti avere ragione, ma sai che ti dico? Non me ne importa niente. Tiraci fuori quello che vuoi, ignora quello che ti ferisce, tralascia quello che è importante. Restano solo un mucchio di inutili parole che mi aiutano a fare ordine; non sono qui per te, per soddisfare la tua voglia di sapere, ma sono qui per me, per il mio bisogno di analizzare e condividere ignorando il destinatario. E' un po' come uscire in strada, raggiungere il centro della piazza e iniziare a gridare quello che vorresti che il mondo sapesse, un po' per narcisismo, un po' perché quando smetti e noti che la gente ti guarda con un sopracciglio alzato, ti senti incredibilmente incompreso e stai mille volte meglio dell'attimo prima.

sabato, settembre 06, 2014

Da quale parte staje


Puortm luntan' de 'ccose,
addò u ciel' nun cagn' culòr,
Addò tutt tenen core,
Com' si nun ce foss rulòr...
Si nun sient st'addor' che r'è,
Ê che a forz te 'mbroglij 'a paura.

Ah! Si nun o saje!
S'sta mal' pè nient', sapiss ch' nierv!
Ma 'a qual' part' staje?
Chi vò esser cuntent'
o chi nun se 'mport e nient' mai?

Puortm addò nasc' o sole,
Addò c'arricriamm cù poc',
Addò tutt tenen core,
Com' nun foss mai crisciut',
Si t' chier st'addor' che r'è,
È che 'a forz' è fernut 'a paura.

Ah! Si nun o saje!
S' sta mal' pè nient', sapiss'ch' nierv!
Ma 'a qual' part'staje?
Chi vò esser cuntent'
O chi nun se 'mport e nient', mai!

Ora va meglio

La mia vita.
I miei tempi.
I miei spazi.
  
Ora va meglio.