domenica, gennaio 06, 2013

La bellezza si paga

Hai presente quando ti svegli una mattina con l'odore del pane caldo provenire dal piano di sotto, mentre gli uccellini fuori cinguettano allegri alle prime luci del mattino e ti rendi conto che sei soltanto una pazza schizofrenica che sta immaginando tutto nel suo letto sfatto in un giorno uggioso?
Riprendiamo fiato.
Beh, è così che mi sento ventinove giorni su trenta al mese.
Uno schifo totale.

Sono Marilyn e sono una mora qualunque che abita in una città nevrotica quasi quanto ogni suo abitante;
sono una donna di trent'anni, non più bella, non più affascinante, con un lavoro odioso e mediocre;
sono una donna come tutte le altre, come quelle che incontrate quando andate a fare la spesa, che vi ritrovate alla fermata dell'autobus, che fanno la coda in banca per ritirare lo stipendio;
sono una donna che non sa cosa vuole ma lo vuole subito perché la vita è breve e non si può attendere, perché altrimenti spuntano le rughe per poi ritrovarmi sola con una rivista di gossip in mano.

La mia vita si colora di rosso, un solo giorno al mese.
So cosa avete pensato ed è banale. Voi siete banali.
Non era, però, ciò a cui mi stavo riferendo.
Il rosso è un bellissimo colore: esprime forza, passione, rabbia, amore.
La mia vita diventa "radiosa" soltanto il quattro di ogni mese: adoro quando giunge il quattro dicembre e corre via per lasciare spazio al quattro gennaio.
Pensate, è proprio il mio odioso e mediocre  lavoro, a regalarmi la grande gioia tanto attesa: il giorno di paga!

Il quattro di ogni mese, metodicamente ritiro i soldi in banca e mi dirigo verso l'edicola più vicina: compro Vogue, Cosmopolitan e Glamour, e di corsa verso casa.
Non importa se fuori c'è il sole o piove a dirotto.
Non importa se il cane vuole uscire fuori a pisciare o se mi ha già pisciato in casa.
Non importa se c'è da stendere i panni della lavatrice prima che puzzino di muffa.
Non mi importa di niente: oggi è il quattro ed io ho le mie fottute riviste.

Chiudo la porta di camera e lascio il mondo alle mie spalle.
Le lacrime scorrono copiose sulle mie gote quando inizio a strappare dalla prima rivista ogni sua singola pagina, una per una, una dopo l'altra.
Prendo l'altra e la smembro viva, nella sua interezza per ridurla in cenere. Cenere: come hanno ridotto me. Sfibro anche l'ultima rivista e mi ritrovo la camera sommersa di fogli.
Modelle belle ovunque, in camera mia, con i loro patinati sorrisi ed i loro corpi perfetti.
Le migliori marche di profumi giacciono sopra il letto; quelle di make-up, sotto.
Belle, belle in modo assurdo; belle da fare schifo; belle da farti stare male; belle da farti vomitare.

Raccolgo tutte le pagine, con certosina precisione, assicurandomi che ogni bellissimo raggio di sole che sbuca dai loro brillanti sorrisi, sia stato catturato ed inglobato nel mucchio di carta che ho in mano.
Smetto di piangere e, una volta in salotto, ripongo le bellissime modelle fra la cenere del camino, prendo l'alcool etilico e le brucio.

venerdì, gennaio 04, 2013

L'amico delle donne (pt. 1)

Cena per due

Monica mi annebbia la vista, perdo il senno totalmente ogni volta che la penso: la foga nel parlarvi di ha lei mi ha fatto dimenticare le buone maniere.
Non mi sono mai presentato, ecco, e me ne rammarico molto: sono Italo e sono un professore di matematica, sebbene questo lo sappiate già.
Monica è la stella più luminosa del firmamento: è normale dimenticarsi di se stessi quando si ha a che fare con quella sublime creatura, eppure oggi non sono qui per parlare di lei.

Le donne che, in questo momento, mi stanno prestando la loro attenzione, avranno già colto la sottile, maliziosa intenzione celata, che agli uomini sarà sicuramente sfuggita nel leggere la mia presentazione: se non avessi sentito il bisogno di parlarvi di me, non vi avrei mai detto il mio nome.
Ebbene sì, era una bugia di tornaconto quella delle buone maniere, della dimenticanza; non lo era però come Monica mi riduce, come le donne in generale, mi riducono.

Sapete una cosa? Margot, la maitresse della casa di tolleranza dove Monica offre i suoi servigi, è la mia unica amica e mi ha soprannominato "l'amico delle donne".
Capite? Che beffa. Credo faccia un insolito effetto leggere "è la mia unica amica" e sapere che il soprannome affibiatomi è "l'amico delle donne", vero?
Beh, come biasimarvi: pare che l'incoerenza guidi l'uomo in ogni sua azione.

Ho iniziato a raccontare a Margot tutta la mia vita sugli splendidi, comodi divani in pelle nera della sua casa, la prima volta che andai a scegliere una ragazza.
Mi mostrò un catalogo dove aveva raccolto un fascicoletto su ognuna di loro: foto, segni particolari, specialità e molto altro.
Quella sera scelsi Elisa: una fan del sadomaso; così, per provare e partire in quarta.
Dopo la scelta, Margot non aveva altri clienti da servire e così mi trattenni a chiacchierare.

L'infelice domanda che mi fece, "come mai ha deciso di ricorrere all'amore vacuo, sir?", riportò in me alla mente troppi ricordi, molti dei quali avrei preferito restassero dov'erano.
Vi risparmio tediosi racconti della mia vita da inetto per centrare il fulcro della questione: l'origine del soprannome. Vi racconterò dunque di Irene e Marlene.