domenica, agosto 12, 2012

La morsa del passato

"Mi spiace, siamo chiusi", dissi sbattendogli la porta in faccia.
Sapevo che non sarebbe finita lì, la discussione: lo sentivo schiumare, quel verme.
Mi agitava la sua presenza, mi intimoriva. Era come avere un cappio al collo, ogni volta che ritornava. Era diventata un'ossessione. Era lui la mia, o io la sua?

Avevamo deciso, una sera, di separare le nostre strade, per sempre.
"Tu torni indietro, da dove sei venuto," gli intimai, "io proseguo".
L'accordo era preso, ed io non volevo trattare oltre.
"Va bene". Sorrise. "Principessa, stai attenta: guardati sempre le spalle".

Con le spalle poggiate contro la porta, reclinai indietro la testa, provando a distanziare il collo dal legno. Il cuore, quello no, non veniva via, non si staccava, il torace era rimasto appiccicato, come la mosca lenta muore affogando nel miele.
Lo sentivo, quel bastardo. Ansimava, fremeva dalla voglia di strangolarmi con quel cappio che mi porto dietro. Riuscì di scatto a voltarmi, ma il cuore non ne voleva sapere, niente. Restava lì, ancorato alla porta, ancorato a lui, oltre la porta. Faticavo a respirare, tanto stretta era la morsa.
Guardai dallo spioncino. Era lì, davanti a me, con i suoi capelli corti, gli occhi enormi e gialli, e la bianca schiuma che colava dalla bocca, giù, lungo il collo.
Faticavo a respirare e mentre lo guardavo, mi sentivo morire.
Non riuscivo a voltarmi. Non riuscivo a chiudere gli occhi. Non riuscivo a fare niente.
Mi guardò, abbassò leggermente il capo, tenendo fisso lo sguardo, penetrando il mio, ed io lo vedi sdoppiarsi, incredula.
Il cuore fagocitò il mio urlo di disperazione: non gli bastava più il sangue, non gli bastava più niente, aveva bisogno di impadronirsi di tutto ciò che di materiale e astratto mi riguardava; aveva smesso di rispondere ai miei comandi ed ero diventata la linfa vitale di me stessa, il mio stesso pranzo.
Era orribile. Ero agghiacciata.

"Questa giornata con te è stata magnifica, ed è tutto merito tuo. Tu, sei magnifica. Grazie, grazie, grazie...". Non mi libererò mai di queste parole. Non svincolerò mai il cervello da questo terribile ricordo.

Lo ripeti ancora, da anni, ormai.
Lo ripeti ancora, a me, adesso, oltre quella porta.
Lo ripeti ancora: stavolta il desiderio di morire che provo, è doppio.

3 commenti:

  1. L'unico modo per capire, è conoscere.
    L'unico modo per guarire, è farsi abbastanza male da diventare immuni, distanti.
    Esiste un solo modo per non soffrire: non farsi sorprendere alle spalle.

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  2. C'è un altra possibile strada, quella che voglio intraprendere io: diventa anche tu DIO!!!

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