mercoledì, agosto 06, 2014

Doppia vita, inevitabile se si è infelici

Ho bisogno di qualcuno che viva con la mia stessa musica triste nella testa, di qualcuno che non abbia davvero bisogno di chiedermi "come stai?". Ho bisogno di te, ovunque tu sia.
Ho bisogno della percezione di te che ho accuratamente costruito negli anni, iniziando con un infantile colore di occhi e di capelli, concludendo con l'ultimo difetto aggiunto alla lista degli "assolutamente no".

"If you love me with all of your heart.
 If you love me, I'll make you a star in my universe."
(Angus & Julia Stone, For you)
 
Ho un gravissimo problema che si è manifestato un paio di mesi fa: ho un'immensa voglia di scrivere, di spiegare in modo dettagliato tutto quello che vorrei trasmettere, sperando che anche solo una infinitesima parte possa giungere al lettore esattamente come l'ho percepita, eppure non ci riesco. Tiro fuori queste frasi insulse, che quando le rileggo mi danno da pensare: "ma che merda è?". L'informatica mi ha conferito un dono della sintesi che in questi momenti vorrei poter buttare nel cesso.

Mi è capitato spesso, in passato, di pensare di aver trovato quello che cercavo.
Forse lì per lì avevo anche temporaneamente ragione - ah, beata ingenuità -, solo che io sono cambiata tantissimo in dieci anni al punto che quando ripenso a tutto quello che è stato, nemmeno mi riconosco. Per cui mi chiedo: "di cosa ho bisogno per essere felice?"

Dai quindici ai ventidue anni ho cercato qualcuno che potesse farmi sentire migliore di quel che ero. Ho creduto di aver trovato l'uomo della mia vita in uno scapestrato salernitano, il mio primo vero ragazzo, che un giorno mi ha mollato a causa del mio voto di maturità, troppo alto per poter stare con lui. Mi ha mollato tantissime altre volte, a causa di tantissimi inutili motivi ed io sono sempre stata troppo idiota per non tornare da lui strisciando.
Sono convinta che tutti i miei ragazzi a seguire hanno dovuto patire questo segno che mi sono portata inevitabilmente dietro. La mia parola, come è stata la sua all'epoca, aveva perso completamente valore. Lasciavo il mio compagno per il semplice bisogno di cambiare: la situazione diventava insostenibile, cercavo disperatamente e invano di far arrivare il messaggio, mollavo. Iter che è stato la base delle mie successive relazioni. Non mi sono mai resa conto di cosa potesse voler dire questo percepito dall'altra persona. Probabilmente li devastava, come aveva devastato me. Adesso vi dico anche perché ho reiterato questo comportamento: nessuno dei miei fidanzati tornava da me pregandomi di parlare, di chiarire. Mi sono arresa all'idea che non valgo così tanto e adesso sto molto molto meglio.
Successivamente ho riposto troppa fiducia in una relazione sbagliata, difficile, come il ragazzo con cui l'ho impostata. Una persona cattiva, mendace, che godeva nel distruggere tutto ciò che ruotava intorno a lui. Un manipolatore che si divertiva a giocare con le persone e che non ha mai avuto il coraggio di essere un uomo, nemmeno l'ultimo giorno insieme.

Dai ventidue ai venticinque anni ho impostato la mia vita sul divertimento: avevo un disperato bisogno di essere felice, di sentirmi spensierata, viva.
Ero alla ricerca di sensazioni forti, che sconquassano lo stomaco e ho avuto la fortuna di incontrare qualcuno che nonostante tutte le difficoltà, ha reso quel periodo brillante e indimenticabile. E' stato un pessimo compagno, ma nonostante tutto è stato un ottimo alleato. Mi ha reso una persona libera e mi ha fatto apprezzare l'importanza di esserlo.

Adesso ho ventisei anni, chiudo un altro capitolo e realizzo che quello che cerco probabilmente non lo troverò mai. Non so come sentirmi al riguardo. Probabilmente dovrei sentirmi triste, sconfortata, impaurita. Eppure non mi sento così. Mi sento solo un po' vuota, ma tutto sommato tranquilla. Quello di cui ho bisogno non esiste se non nella mia testa. Questa distorsione della realtà, sebbene sempre presente, si è accentuata l'anno scorso, quando la mia ultima relazione ha iniziato ad andare alla deriva senza un motivo apparentemente valido, così ho realizzato che probabilmente fosse già destinata ad essere quello che poi è stata. Ogni volta che pensavo ad un incontro, ad un chiarimento, ad una discussione con lui, era sempre completamente diverso da quello che succedeva. Ho vissuto due relazioni scorrelate ma parallele con lo stesso uomo, ed è stata quella non reale a regalarmi con lui un orribile anno che potevo tranquillamente risparmiarmi troncando il rapporto molto prima.
E' la stessa visione non reale che tuttora mi fa venire voglia di cercarlo, che mi fa percepire la nostra storia come "non convenzionale", come qualcosa di speciale e da preservare. Ma non è vero, non è vero niente. E' una relazione come le altre. Nessuno dei due ha niente di speciale, nessuno dei due ha fatto niente di speciale. E' tutto terribilmente convenzionale e le storie finiscono, quindi finisce anche questa.
E' la stessa visione non reale che tuttora mi fa venire voglia di cercarlo, e come tutte le volte quando lo cerco non va mai niente come ho immaginato fino all'attimo precedente. Svilente, vero? Sì, lo è. Credo che sia profondamente sbagliato aspettarsi qualcosa e rimanere delusi dal fatto che non si verifica, ma credo che sia anche inevitabile costruirsi una visione dell'altro meno dura di quella con cui si deve convivere nella realtà. E' un meccanismo di difesa che ci rende il distacco pressocché impossibile, per questo sono ancora ad inciampare nel pantano da due mesi a questa parte. E' davvero arduo accettare il fatto che quello che credevi fosse la vostra storia, il tuo innamorato, il vostro rapporto, in realtà non esiste, non è mai esistito e mai esisterà.

L'amore rende ciechi, stupidi e deboli, con me ha sempre avuto vita molto facile ed è per questo che ne ho sempre avuto paura. Le persone sfruttano la buona fede del prossimo, mentono, tradiscono, omettono. Poi urlano, alzano le mani. A volte accecati dalla rabbia uccidono.

"Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono.
I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te.
Devi avere paura degli uomini, non dei mostri."
(Niccolò Ammaniti, Io non ho paura)


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Inizia agosto e finisce il mio rapporto con te.
Buone vacanze, ci sentiamo quando avrò voglia di scrivere di nuovo.
 
 
 

8 commenti:

  1. Buffo come tutto il passato remoto sia descritto da designazioni rigorose, quasi "canoniche", mentre del passato prossimo si riesca a desumere solo che non ha soddisfatto la tua fantasia. Forse trovando a corretta aggettivazione, sia ripescando un termine tra "scapestrato","mendace","brillante", sia optando per un sempreverde "insulso", riuscirai a ricondurre una persona ad un'etichetta e a sbarazzarti del carico associato. Io credo che ciò che ti spinge a cercarla, ad esempio, non sia la ricerca o la conferma di un qualche grado di "specialità", ma quello che il mondo comunemente chiama "rimorso". Sbarazzatene, e ogni cosa andrà al suo posto.

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    1. Il passato remoto, come suggerisce il nome, è stato sufficientemente analizzato e per questo è facile trovare un'etichetta. Il passato prossimo è decisamente troppo vicino e la strada per l'archiviazione si sta rivelando tortuosa e impervia.
      Rimorso? Naaa, e di cosa poi? Il tuo semplicistico modo di pensare non ti farà mai capire niente che giace sotto la, comunemente chiamata, "superficie".
      Una motivazione vera però è il non voler accettare che nel rapporto in questione non c'era niente di autentico. Ammettere di aver investito tanta dedizione e fatica in una relazione immaginaria, mi rende pazza e patetica. Per questo è difficile da fare.
      L'unica cosa che mi fa dispiacere è che a causa di questo, troppe volte ho regalato l'occasione di potermi ferire anche se è sembrato non bastare per chiudere.
      Non so perché mi sono cosi tanto fissata nel voler trovare del buono in tutto, anche dove probabilmente non c'è. Troppe possibilità regalate e cestinate, ma mi impegnerò per cambiare anche questo.

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  2. Non so praticamente niente di te perciò eviterò di commentare ciò che non conosco, tuttavia c' è qualcosa che più mi ha incuriosito: il contrasto tra il post in se e il titolo, probabilmente il legame tra i due è evidente ma al momento mi sfugge. Se effettivamente hai due vite di quale hai parlato nel post? E la seconda vita in cosa consiste?
    Penso sia inevitabile il dualismo (De Broglie rulez :D) tutto dipende a quale scala di dettaglio si decide di osservare, anche le persone :)

    Forse il contrasto tra le due vite si può notare nel contrasto tra nell'incipit e il finale:
    "ho un'immensa voglia di scrivere"
    ...
    "ci sentiamo quando avrò voglia di scrivere di nuovo"

    o forse sto solo prendendo un abbaglio (cosa molto probabile conoscendomi :D)

    PS. Rileggendo ho notato che abbiamo la stessa età :D
    PPS. Stavolta la frase è molto molto più difficile e ci sono filate di punti e linee che sembrano sospette...

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    1. Nel post ho parlato di entrambe, ma principalmente di quella reale, con la constatazione dei fatti accaduti. Accenno a quella che forse non è esistita, come la percezione dell'altro in modo non veritiero, portandomi a vivere due relazioni scorrelate in quanto mi trovavo ad affrontare due persone che non combaciavano.
      Come intelligentemente mi fai notare, sì, il dualismo nello scritto lascia emergere proprio questo: lo scontro fra quello che sono i miei sentimenti, il voler scrivere di lui, per preservare un legame che solo io desidero preservare e fon una persona che non credo rispecchi davvero quella reale, e il voler dire: "ma vaffanculo".

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    2. Quel "ma vaffanculo" finale è una perla :) A parte gli scherzi quando e se ti va e vuoi parlare invece di scrivere ("verba volant scripta manent..") fai un fischio

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    3. Aggiungimi su g+! E' qui a lato, la form!

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    4. ehm... non sono molto "social" :D appena ho un attimo di pazienza apro un account g+ :)
      Thanks

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    5. Ok ho fatto questo nuovo account, dovrei averti inviato una notifica :)

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