venerdì, febbraio 24, 2012

Quando non vuoi dire niente, succede così

Questo potrebbe essere davvero il momento migliore per scrivere.
Dopo che hai vomitato sangue sulla tua stessa faccia, potresti raccogliere le idee, riformularle ed evitare di esplodere, creando un nuovo ascesso.
Magari prima di fare qualunque cosa, prendi il fazzoletto accanto e pulisciti il viso. Gli occhi, almeno.
Ferma i pensieri, che corrono come un cucciolo di cane, liberato dopo esser stato rinchiuso per chissà quanto tempo in un'angusta, gelida gabbia, mentre attendeva, chissà cosa. La sua morte, forse, come tutti del resto.
Convogliali più in là, questi pensieri: qui c'è ancora troppo baccano.
Senti la tua voce che continua a ripetere le stesse parole, che non trascriverai perché quelli, almeno quelli, sono solo affari tuoi.
E poi rileggi, ancora, ancora, e ancora, e ti fa sempre più schifo tutto quello che finora hai scritto.
Non ha il suono che ti eri immaginato, nemmeno lontanamente. Non ne ha lo stile ed il tema, auspicati. Non sembra neppure la sagoma scura di quello che volevi creare. E' solo una pallida ombra, color del pavimento, inesistente; è solo un altro aborto, nato da una madre senza cuore, incapace di provare amore e compassione; è un'altra piccola bieca entità che verrà riposta nel più remoto angolo del tuo cuore.
Ma devi scrivere, non puoi mica lasciare intonso questo muro del pianto?
Vuoi davvero lasciar morire di tedio l'ennesimo aborto, già morto?
Altrimenti ti appelli come incostante ed incoerente, e sei la solita doppiogiochista: colei che non sa scegliere cosa essere e cosa avere. E così è, ed ha, tutto e niente.
Non è un proposito il tuo, lo sappiamo, non te ne rammaricare.
Sei un caso patologico, per questo ti commiseriamo; e abbiamo di te pietà; e proviamo pena, nel guardarti: povero piccolo essere; ambiziosa nullità desiderosa di una vita mediocre, consapevole di non valere dieci lire.
Bei tempi, che non ho nemmeno vissuto. Ma è mainstream dire "bei tempi". Anche dire mainstream è, ormai, mainstream, ma non vogliono ammetterlo. Mah.
Allora, tornando al discorso iniziale, che non esiste, di cosa vuoi parlarci questa volta?
Probabilmente di niente, ma sono riuscita, arrancando, ad arrivare alla meta, trattenendomi dall'insensato impulso di chiudere l'ennesimo blog.

4 commenti:

  1. A parte il tono che è troppo malinconico, direi che una volta colorato questo post con un pizzico di ironia diventa particolarmente divertente.
    Del resto tutto si può trasformare completamente quando cambi il modo di vedere le cose. (Adesso anch'io inizierò a parlare criptico :) )

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    1. Ma io ti ho capito, questione di punti di vista. O di angolazioni. :)

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  2. Io credo che la frase "la solita doppiogiochista: colei che non sa scegliere cosa essere e cosa avere" celebri l'alpha e l'omega di un malanno, in quanto, se la doppiogiochista è "la solita", ha avuto il tempo di consolidare tale status, dunque, auspicabilmente, il tempo di interrogarsi, su cosa essere, e cosa avere. Che guardi perciò il suo excursus, ne riallacci i fili, individui le risposte più etiche, o più confortanti, o più razionali, o estreme: sono di certo lì, in persona, sostanza, sogno o potenza - una tantum è semplice, ché, davvero, non possono essere altrove.

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